Mario Cossu

Le Maschere dei Boes e Merdules

Le maschere di Ottana: Origine e significato

Un esame dell’origine e del possibile significato della manifestazione carnevalesca di Ottana non può prescindere da una valutazione dei rapporti con i Mamutones di Mamoiada.Troppe affinità infatti si riscontrano nelle due manifestazioni, per poterle studiare separatamente. Un’osservazione preliminare sull’origine della manifestazione è che non si può fare come per Mamoiada un’ipotesi “storica”, cioè che essa non rappresenti altro che la ricostruzione mimata di un fatto realmente avvenuto nella storia dei popoli, e consolidato si poi dalla fantasia nella tradizione: per Mamoiada era stata prospettata l’ipotesi che gli Issocadores rappresentassero un popolo dominatore e i Mamutones un popolo dominato e reso schiavo. L’evidenza del rapporto merdules-carazzas è quello tra uomo e bestie, e questo vuole rappresentare; qualsiasi collegamento tra due gruppi umani viene a cadere e di conseguenza si indebolisce ancora di più l’analoga ipotesi prospettata per i Mamutones.Non rimangono che uno o più ipotesi etnologiche. Francesco Alziator attribuisce alle maschere di Ottana ,un duplice carattere totemico ed apotropaico.

Il carattere totemico sembra assolutamente prevalente ,se si interpreta il rapporto merdule-carazza come rappresentativo del rapporto uomo-animale. Ma bisogna distinguere: l’animale totemico della Sardegna – dice Alziator – è il bue e la manifestazione di Ottana vuole rappresentare il rito dell’aggiogamento del bue. Nella pantomima – dice sempre Alziator – che ricorda questo capitale avvenimento, la parte dell’animale è sostenuta da uomini che si imbovano, che si trasformano cioè nell’animale: questo è appunto il senso dell’importante riflessivo si bovare, al quale ho accennato in precedenza.Il carattere totemico, di culto, di ammirazione nei confrontì del bue non si può negare. Le obiezioni di fatto, sono due: a) perché vi sono maschere che rappresentano altri animali (carazzas di porco, vacca e asino); b) perché non vi sono carazzas di pecora e capra. Queste ultime due specie, e non il bue, sono gli animali di gran lunga numericamente prevalenti in Sardegna, oggi come ieri, come in epoca preistorica [1]; l’iconografia del pastore sardo lo riproduce sempre accanto alla mite pecora (talvolta alla capra), ma mai accanto al bue, che è tra l’altro numericamente scarso, e, che ha un’importanza economica e sociale certamente inferiore a quella degli ovini e dei caprini. La risposta può essere duplice: da un lato, Alziator ricorda il fatto storico che la Sardegna rientra in una vasta area culturale che era caratterizzata dal culto del bove; dalla Creta di Minosse alle tauromachie spagnole, alle pitture rupestri della Sierra Cantabrica, ai tori in bronzo dell’Armorica si apre una grande regione di cui la Sardegna è geograficamente al centro: per diffusione, quindi, il culto taurino-bovino potrebbe essersi esteso facilmente alla Sardegna, tanto più che non vi mancano le testimonianze dell’età nuragica e di quella punico-romana, con teste scolpite, protome, bronzetti nuragici, ornamenti di elmi.Dall’altra, esiste una spiegazione psicologica: il toro, con la sua forza e la sua mole, domate e trasformate nella operosa mansuetudine del bue, non può non avere fortemente colpito la fantasia dei protosardi, che adesso si sentivano legati più che agli altri animali.

La pecora e la capra non divennero animali totemici proprio per ragioni psicologiche, per il modesto interesse che questi animali suscitano nell’uomo, per la loro passività non accompagnata dalla forza, mentre la presenza del bove attua una trasformazione anche nella vita dell’uomo, facendolo passare da pastore contemplativo e guardiano di gregge ad allevatore attivo, dominatore di una forza più grande della sua. Il bove – sostiene Alziator – è in rapporto di “dialogo” con l’uomo, mentre il gregge non lavora, il gregge compie il ciclo fisiologico della nutrizione senza veramente alterare la terra, senza lavorare; gregge e pastore sono piuttosto estranei tra loro, sono solo due forze elementari che coesistono.Nessuna carazza di pecore o capre, quindi; ma abbiamo constatato maschere di porci, vacche e asini: si può dire che questi animali (a parte forse la vacca come estensione del bue), si siano aggiunti nei secoli successivi, per semplice analogia: ad essi si è estesa una parte del valore totemico attribuito al bovino maschio (o ex-maschio); hanno insomma goduto di questa estensione gli animali, umili ed utili, m.entre pecore e capre ne sono rimaste per sempre escluse.C’è da porsi un interrogativo circa l’antichità delle maschere raffigurate ad Ottana: la domanda non è oziosa, e ne vedremo in seguito il perché. Così come appare oggi, si potrebbe proporre la seguente successione cronologica della nascita delle maschere: in primo luogo le carazzas ‘e boe, seguite dai merdules; in epoche successive le carazzas degli altri animali e in ultimo, in epoca puramente carnevalesca, le mascaras serias.

Il problema più arduo, però, è dato dal rapporto tra le maschere di Ottana e quelle di Mamoiada, rapporto indubbiamente esistente data la vicinanza geografica e la similarità tipologica tra i merdules e i mamutones. Queste due forme sono molto vicine; ambedue rappresentano un viso umano dolente o ghignante, con un che di diabolico, dipinto in nero, con occhi e bocca forati (il naso è forato solo ad Ottana): i merdules di Ottana hanno anche una specie di barba.Il problema nasce appunto quando si consideri la posizione delle due maschere nei due carnevali. A Mamoiada, i Mamutones svolgono un ruolo eminentemente passivo, sia che se ne accetti l’interpretazione storica, sia che li si consideri come bovi o uomini imbovati, mentre il ruolo dei catturatori e dei dominatori è svolto dagli Issokatores. Ad Ottana è esattamente il contrario: i Merdules sono i dominatori, i domatori degli animali (segnatamente il bue) rappresentati dalle carazzas.

A quale delle due maschere assegnare la priorità, e quindi implicitamente all’altra la derivazione? Se si accetta l’ipotesi del valore totemico della manifestazione, che appare la più probabile, non può che essere avvenuto quanto segue: a un certo momento la maschera del merdule di Ottana, più antica, è trasmigrata a Mamoiada, dove probabilmente mantenne lo stesso significato per un certo tempo. In seguito – molto più tardi – si introdussero gli Issokatores che, coloriti e spagnoleschi, dimostrano di essere molto più recenti. In tale occasione, il rango dei Mamutones fu degradato da quello di guardiani di animali ad animali stessi. Si è verificata cioè ad un certo punto un’inversione nei ruoli attribuiti alle maschere dei due paesi. Considerarli prodotti indipendenti nell’origine e nel significato non mi sembra possibile, come mi sembra meno credibile il caso inverso, e cioè che i Mamutones, originati a Mamoiada siano passati ad Ottana, e quindi abbiano assunto il ruolo dei Merdules attuali, mentre sarebbero state introdotte altre maschere di animali per far loro da gregge: non mi pare credibile, poiché dato l’indubbio carattere totemico generale del complesso di queste manifestazioni, le maschere degli animali devono essere quelle sorte storicamente prima.

Altro motivo di stupore è dato dal fatto che – a quanto mi consta – nessuno studioso ha finora messo in relazione le maschere di Ottana con quelle di Mamoiada: un raffronto che sembra invece inevitabile, anche se porta a conclusioni discordanti. Solamente Pietrina Moretti ha ricompreso queste manifestazioni in un unico contesto quando le ha poste in relazione col ballo dell’orso (presente in molte località della Sardegna) e con la figura del Maimone, cercando di dare, in questo senso, una soluzione unitaria.Anche se si attribuisce un valore diabolico alle maschere dei due paesi, bisogna per forza ricorrere all’ipotesi di un’inversione nel ruolo dei due tipi; in effetti il carattere demoniaco delle maschere sarde è fortemente contestato da molti autori: a riprova di ciò sta anche il nome che tali maschere hanno, e cioè carazza o bisèra (e non maschera dal latino masca = spettro), termini che con le concezioni diaboliche nulla hanno a che vedere.

Ci sembra quindi di poter concludere che l’origine totemica delle maschere dei due paesi è quella che meglio soddisfa le esigenze logiche e culturali dando la precedenza alle maschere di Ottana, anche se occorre, qualche ipotesi accessoria per completare la ricostruzione della manifestazione che le riguarda.Del resto è stato detto ad abundantiam che l’argomento delle maschere sarde è stato a lungo negletto ed è così carente di documentazione, che qualsiasi ricostruzione od analisi non può fare a meno di ricorrere in buona parte ad argomentazioni ipotetiche e puramente soggettive che, probabilmente, non troveranno mai il suffragio di una conferma documentale.

[1] Nel 1971 figuravano censiti in Sardegna 282000 bovini, 271 000 suini, e quasi tre milioni di capi tra ovini e caprini.
P.L. Massajoli
L’Universo – 1974